martedì 16 novembre 2010

Bressan, il portiere Dj


Qualcuno dice che assomiglia fisicamente a Gianni De Biasi, indimenticato allenatore del Modena che fece il doppio salto dalla C alla A, altri lo paragonano esteticamente a Walter Zenga, suo modello da ragazzino. Stiamo parlando di Walter Bressan, portiere di un Sassuolo che sta faticando più del previsto in un campionato che doveva vederlo grande protagonista. “Da bambino mi immedesimavo molto in Zenga - conferma Bressan - era e rimane un personaggio, mai scontato sia da giocatore che da allenatore. Tra i portieri contemporanei mi ispiro molto a Casillas, facendo le debite proporzioni ovviamente”.
Quando e perchè hai iniziato a fare il portiere?
Ho cominciato a sette anni per caso. Facevo la punta come mio padre, che ha giocato a livelli abbastanza importanti soprattutto nel campionato svizzero. Un bel giorno diluviava e si fece male il portiere titolare. A me piaceva sporcarmi e buttarmi nel fango e quindi andai in porta. Da allora non ne sono più uscito.
Dove hai fatto il settore giovanile?
Nella squadra del mio paese, a Ponte di Piave. Un giorno, poco tempo dopo il mio passaggio in porta, mi visionò un osservatore dell’Atalanta e da lì cominciai a fare vari provini, con i neroazzurri ma anche con Milan, Juve e Padova. Alla fine sono passato al Fossalta di Piave, società satellite dell’Atalanta, dove sono rimasto fino ai giovanissimi. Con me c’era anche Dalla Bona. A 13 anni entrambi siamo andati a Bergamo e abbiamo cominciato la nostra avventura sia di vita che di pallone.
E l’esordio nei professionisti?
Nel 2000 in C1 nello Spezia dei record di Mandorlini, in uno Spezia-Lecco. Il titolare Rubini, grande uomo e grande portiere, si fece male ad una costola in allenamento ed entrai io. L’inizio non fu dei migliori perchè presi gol dopo due minuti. Poi però me la cavai molto bene, vincemmo 2-1 e quell’anno feci diverse partite. Lo Spezia sfiorò la promozione in serie B.
Il tuo collega del Modena Alfonso ha detto che, per fare il portiere, bisogna essere un po’ matti. Lo confermi?
Lo confermo e continuo a dirlo anche ai ragazzini. Qualche giorno fa mi è stato chiesto cosa c’è di diverso tra il portiere e il giocatore e la risposta è stata “tutto”. Essere considerati “uno” in una squadra non è facile e un po’ di pazzia ci vuole. Da bambini di solito in porta ci va chi è ciccione o è scarso. Io non ero ne l’uno ne l’altro però evidentemente ero troppo matto e non potevo che fare il portiere.
Il Sassuolo, da quando è in B, è sempre stato ai vertici. Cosa è mancato finora per fare davvero il salto di qualità?
Secondo me bisogna sempre separare sogno e realtà. Il sogno viene dal fatto che questa società è potente e ha un presidente fortissimo, che potrebbe prendere qualsiasi altra squadra nel mondo. La realtà di Sassuolo però non ha storia né tradizione e chi ci sta giocando adesso ha davvero la possibilità di scriverla. La serie A deve però restare un sogno e non un ossessione. Bisogna ricordare cos’era il Sassuolo dieci anni fa e cosa è diventato adesso. In sette anni può capitare una volta di partir male.
Fuori dal campo cosa ti piace fare?
Ho una grande passione per la musica, nata da giovane nelle discoteche di tutta Italia (ride...). Mi sono anche divertito a fare il Dj e a casa ho una consolle sempre pronta con i dischi. Dentro la musica c’è tutto, può essere uno sfogo, ma anche dare serenità, rilassare. Ti mette dell’umore giusto. Ultimamente però riesco a dedicarmici meno. Convivo con la fidanzata e stiamo pensando di prendere una casa grande per metterci anche la consolle, i dischi e tutte queste cose. Una altra mia passione sono gli animali. Ho un cane, un labrador, e passo molto tempo a spasso con lui.

Giovanni Botti per Vivo del 3 Novembre 2010